
Amaro Tyrone: la storia
“Tyrone” è un nome greco che significa “re”. Ho impiegato molto tempo per individuarlo, alla fine ho pensato che questo fosse il nome giusto per la produzione, che proprio quest’anno 2021 andremo a proporre sul mercato.
L’amaro è un omaggio alla memoria di mio nonno Nicola, che per anni è stato carabiniere della scorta di re Vittorio Emanuele III.
Partito da Fuscaldo, in provincia di Cosenza, mio nonno visse a Roma per diversi anni, per poi lasciare la città dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43. Essendo fuggito il re e patendo le forze armate l’assenza di una direttiva precisa, aveva infatti deciso di tornare in Calabria e di unirsi al movimento partigiano nella lotta per la liberazione dal nazi-fascismo.
Lo ricordo immerso nei suoi pensieri mentre trascorrevamo qualche ora insieme durante le escursioni in montagna, alla ricerca di funghi, castagne ed erbe selvatiche, di cui era un autentico intenditore.
Gli occhi bassi, fissi nel terreno che emanava odori intensi, il nonno trascinava una gamba malata, che lo costringeva a un’andatura incerta.
Ero un ragazzino curioso, così un giorno presi coraggio e gli chiesi cosa gli fosse successo. Lui estrasse dalla bisaccia una bottiglia trasparente che conteneva un liquido verde. Non appena la aprì per berne un sorso, fui raggiunto da un odore intenso.
Il nonno si sedette su una pietra all’ombra di un pino e cominciò a raccontarmi di quella volta in cui, durante il pattugliamento della silano-crotonese, lui e i suoi compagni si imbatterono in una colonna di tedeschi. Mentre loro erano ombre non viste, erano sopraggiunti tre camion e una camionetta: quest’ultima aveva forato, costringendo il resto della colonna a fermarsi. Dalla camionetta era sceso un gruppo di persone, tenute sotto tiro dai tedeschi. I partigiani intuirono che si trattava di ebrei fatti prigionieri, probabilmente un intero nucleo famigliare, così decisero in fretta e furia di organizzare un assalto e liberarli.
Il piano era dividersi in due gruppi: il primo avrebbe preceduto la colonna, per attaccare i camion con una raffica di colpi; il secondo avrebbe proseguito l’assalto tramite il corpo a corpo.
I componenti del secondo gruppo avrebbero corso più pericoli, perché esposti al fuoco amico. Mentre il capo della spedizione si era risolto per tirare a sorte, mio nonno e un paio di altri suoi amici fidati si fecero avanti per far parte del secondo gruppo, evitando che fosse il destino a scegliere per loro.
Prima che i tedeschi finissero di cambiare la gomma forata, i primi partigiani si misero in movimento, appostandosi lungo la statale. Colpi di raffica si abbatterono sui primi camion: colti alla sprovvista, i tedeschi reagirono di forza, non potendo sapere che, sul fianco, il nemico invisibile li attendeva. I nostri ebbero la meglio e la famiglia di ebrei fu liberata, ma a caro prezzo: qualcuno cadde sul campo, qualcuno riportò gravi ferite, come mio nonno.
Finito il racconto, lo guardai negli occhi: erano lucidi, pieni di pietà prima che di orgoglio per ciò che, insieme ai suoi compagni, era riuscito a fare. Ma io ero solo un ragazzino, solo in seguito avrei compresi i sentimenti nascosti dietro il suo racconto.
E così, godendo di quell’atmosfera magica che si era creata tra noi, gli chiesi cosa ci fosse nella sua bottiglia. Lui si mise a ridere, forse sorpreso dal mio ardire, come se volessi approfittare del ghiaccio ormai rotto tra noi. Mi disse che, di sera, era solito preparare un decotto con le erbe selvatiche raccolte in montagna, che lasciava riposare all’aria tutta la notte, cosicché le erbe rilasciassero nell’acqua le loro essenze.
Me lo fece assaggiare: ricordo il sapore amarissimo, per me inaffrontabile. Al nonno invece piaceva tanto, diceva che dopo un sorso si sentiva rinvigorito. La ricetta era di suo padre Giovanni, detto “il gigante” per la sua corporatura.
Mi colpì il pensiero che il decotto potesse diventare una tradizione di famiglia, così chiesi al nonno se potesse passare la ricetta anche a me, promettendogli che ne avrei fatto tesoro. Accettò. Poi riprese il cammino, trascinando la gamba malandata e io dietro di lui, in cerca di funghi, ma soprattutto delle erbe selvatiche a lui tanto care.
Molti anni dopo, trovai in na cassetto un foglio ingiallito dal tempo. La scrittura un po’ incerta riportava l’elenco delle erbe per il decotto di nonno Nicola.
In un lampo tornai il ragazzino pieno di sogni di cui, crescendo, non mi sono mai dimenticato. Porto il nome di mio nonno, il legame con la mia famiglia è sempre stato un faro che mi ha guidato nella quotidianità, così come in ambito professionale. Il mio lavoro è sempre stato un dialogo continuo con la mia terra, la Calabria, e le sue tradizioni.
Mentre tenevo in mano quel foglio, decisi che ne avrei fatto un liquore e che lo avrei dedicato alla memoria di nonno Nicola, in ricordo del suo spirito patriottico e coraggioso.
Alle erbe del decotto originale, troppo amare, ne ho aggiunte altre, dal sapore più dolce. Il risultato è un amaro 100% naturale, molto raro nel panorama nazionale.
Tra le caratteristiche di “Tyrone”, spiccano il colore ambrato e l’aroma intenso, dato dai tempi di infusione lunghi, quaranta giorni, per consentire alle erbe di disperdere le loro proprietà nell’alcool.
Alla prima boccata si avverte il dolce, seguito da un leggero pizzicore e da una sensazione di freschezza, che persiste in bocca. Si percepisce la noce moscata, poi spiccano note balsamiche date dalla menta piperita e dell’eucalipto e i sentori di fiori e ginepro.
Consigliamo di servire l’amaro “Tyrone” a una temperatura di 2°C, evitando il gelo della ghiacciaia, per non annullare il sapore delle erbe.
Perfetto per momenti di relax e meditazione, è adatto anche alla preparazione di cocktail, così da soddisfare la voglia di leggerezza durante l’aperitivo o durante una serata speciale.
Da non dimenticare le proprietà delle erbe contenute nell’amaro “Tyrone”: antisettiche, analgesiche e antispastiche. Sono inoltre utilizzate per disinfettare il canale orofaringeo e per la cura della stomatite, dei reni (prevenzione delle calcolosi renale), delle malattie reumatiche, dei dolori muscolari, del mal di gola, della tosse grassa e dei disturbi digestivi.
Dimenticavo: sull’etichetta di questa produzione artigianale ho deciso di mettere una foto di mio nonno Nicola, cui devo buona parte di ciò che sono oggi.
Nicola Francesco M.